Il dipendente può chiedere il risarcimento dei danni per le umiliazioni ricevute dai superiori e dai colleghi. L’ultimo caso attinente alle offese rivolte ai lavoratori in presenza di colleghi e della clientela.

Le ripetute offese nelle relazioni interpersonali, chiaramente anche quelle che si verificano nei luoghi di lavoro, provenienti ad esempio dal datore di lavoro nei riguardi di un proprio lavoratore dipendente ne compromettono la dignità e la reputazione di quest’ultimo e, a maggior ragione, se vi è la presenza di altri colleghi di lavoro e/o di altre persone (clienti, fornitori, etc). Tale reato scaturisce anche qualora sia stato commesso da un collega di lavoro.

Così è stato deciso dalla Cassazione, con la recente sentenza n. 2378 del 20 gennaio 2022, la quale stabilisce che la condotta del titolare, del ristorante in questione, che offende più volte la dipendente alla presenza di colleghi e clienti lede la dignità della stessa facendo configurare il reato di “maltrattamenti in famiglia”.

Tale orrendo comportamento, assunto dal ristoratore in questione, ha prodotto - sempre secondo la Suprema Corte - vessazioni e sofferenze fisiche e anche morali alimentando così facendo un clima di abituale sopraffazione.

Per tale ragione un dipendente, che si trovi in un’analoga situazione di stress lavorativo e/o di disagio psichico oltre che fisico, potrà chiedere il risarcimento dei danni non patrimoniali in quanto sono stati violati, in maniera grave, i diritti della persona e potrà anche richiedere il pagamento di ulteriori danni qualora tale situazione abbia fatto nascere una malattia professionale ma dimostrando, ovviamente, che vi sia un nesso della malattia con l’ambiente lavorativo oramai “inquinato”.

Concludendo la F.I.D. ricorda che la normativa (in primis il Codice Civile e quindi non solo il Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro) impone ad ogni impresa, e anche a tutte le altre tipologie di datore di lavoro, di tutelare quotidianamente la salute psico-fisica di ciascun lavoratore.