Ferie non godute: le informazioni basilari tramite cui comprenderne il funzionamento

Che succede se un dipendente ha delle ferie in arretrato? Può chiedere che gli siano pagate in denaro?

Non è infrequente che un lavoratore, per varie ragioni, si trovi con delle “ferie arretrate”, le cosiddette ferie non godute (o, meglio ancora, «ferie non fruite»). Erroneamente si ritiene che, in questi casi, gli spetti una indennità che compensi il mancato riposo. Ma non è così. Le ferie sono un diritto irrinunciabile nel senso che sono vietati gli accordi tra datore di lavoro e dipendente volti a impedirne la fruizione o finalizzati alla “monetizzazione” delle ferie arretrate.

In buona sostanza, anche se dovesse essere pagato per il mancato riposo, il dipendente avrebbe comunque diritto a fruire del riposo annuale. Si tratta di un diritto costituzionale “indisponibile”, ossia che non può essere oggetto di cessione.

Cosa fare allora se il lavoratore si accorge di avere delle ferie non godute e il datore di lavoro non gliele vuole riconoscere o se, al contrario, il datore vuol obbligatoriamente far scontare al dipendente le ferie arretrate e questi invece preferisce ottenere del denaro in cambio? Cerchiamo di fare il punto della situazione.

Quanto spetta di ferie?

Al dipendente spettano 4 settimane di ferie all’anno. Due settimane devono essere fruite nell’anno di maturazione e altre due possono essere fruite entro i 18 mesi successivi.

Il contratto collettivo o quello individuale di lavoro possono però prevedere un ulteriore periodo di ferie.

Come vedremo a breve, non si può rinunciare alle 4 settimane di ferie annuali previste dalla legge ma si può farlo invece per quelle ulteriori previste dal contratto.

La violazione delle predette disposizioni prevede che venga comminata una sanzione amministrativa, di importo variabile in relazione al numero dei lavoratori coinvolti e del numero di annualità in cui le disposizioni sono state violate. Le sanzioni non sono applicabili nell’ipotesi in cui non sia possibile rispettare il periodo minimo di due settimane di ferie – o quello diverso fissato dalla contrattazione collettiva – nell’anno di maturazione, per cause imputabili esclusivamente al lavoratore.

È quindi possibile distinguere, ai fini degli obblighi in capo alle parti, tre distinti periodi riferiti alle ferie:

- primo periodo di 2 settimane (nell’ambito del periodo minimo di quattro settimane previsto dalla legge) da fruirsi, su richiesta del lavoratore, in modo ininterrotto nel corso dell’anno di maturazione;

- secondo periodo di 2 settimane (nell’ambito del periodo minimo di quattro settimane previsto dalla legge), da fruirsi – anche in modo frazionato – entro diciotto mesi dal termine dell’anno di maturazione delle ferie, fatto salvi termini più ampi previsti dalla contrattazione collettiva. Qualora, invece, la contrattazione collettiva stabilisca un termine più rigido rispetto a quello di diciotto mesi, il superamento del limite fissato dal contratto collettivo potrà determinare una mera violazione contrattuale;

- terzo periodo, ulteriore rispetto al periodo minimo di 4 settimane, da fruirsi – anche in modo frazionato – entro il termine stabilito dall’autonomia privata (contrattazione collettiva, contrattazione individuale, usi aziendali).

Il contratto collettivo può ridurre il limite delle prime due settimane per cui è obbligatorio il godimento delle ferie nell’anno di maturazione, purché tale riduzione non comprometta la funzione delle ferie e derivi da particolari esigenze aziendali.

È legittima la rinuncia preventiva alle ferie?

Secondo la Cassazione non si può rinunciare preventivamente alle ferie anche in cambio di un superminimo avente natura di compenso forfettario.

Che succede se il dipendente non chiede le ferie?

Se è il dipendente a non chiedere le ferie, il datore di lavoro gliele deve imporre a pena di responsabilità personale.

Del resto, sostiene la giurisprudenza, il fatto che il lavoratore non abbia goduto delle ferie e non abbia neanche chiesto di farlo, non costituisce un comportamento da cui si può desumere una sua rinuncia al diritto in questione.

Quando il dipendente può rinunciare alle ferie?

Premesso che mai il datore di lavoro potrebbe imporre al dipendente di rinunciare alle ferie, quest’ultimo può invece farlo eccezionalmente solo in due casi:

- volontà del lavoratore con qualifica di dirigente ma sempre che il dirigente abbia autonomia nella determinazione del periodo, in quest’ultimo caso il dirigente perde anche il diritto alla relativa indennità sostitutiva, salvo che il non provi l’esistenza di necessità aziendali eccezionali ed obiettive che gli abbiano impedito la fruizione delle ferie;

- particolari esigenze di servizio aziendali. Alcuni contratti ammettono la possibilità che la fruizione delle ferie avvenga nell’anno successivo a quello di competenza, solitamente entro un determinato periodo.

Ferie non godute dei pubblici dipendenti

Le ferie, i riposi e i permessi spettanti al personale, anche con qualifica dirigenziale, delle pubbliche amministrazioni devono essere obbligatoriamente fruiti e non danno luogo a nessuna corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. Tale principio si applica anche ai casi di cessazione del rapporto di lavoro, mobilità, dimissioni, risoluzione e pensionamento.

È consentita la monetizzazione solo in caso di cessazione del rapporto di lavoro, ove il rinvio della fruizione sia avvenuto legittimamente per esigenze di servizio.

Che succede in caso di sospensione del rapporto di lavoro?

Qualora il lavoratore si assenti per un periodo di tempo talmente lungo da rendere impossibile la fruizione infra–annuale delle due settimane di ferie, il datore di lavoro non potrà essere ritenuto responsabile. Nei casi di sospensione del rapporto di lavoro che rendano impossibile fruire delle ferie annuali, le stesse dovranno essere godute nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenendo conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore. Lo ha chiarito il Ministero del lavoro che ha fatto il seguente esempio.

Il lavoratore che si assenti per 11 mesi e 3 settimane e rientri in azienda per l’ultima settimana dell’anno dovrà obbligatoriamente godere le ferie nell’ultima settimana dell’anno in questione (quindi non avverrà il rientro al lavoro), mentre le restanti ferie obbligatorie, che andavano godute nell’anno di maturazione, potranno essere programmate entro i 18 mesi successivi (o altro periodo contrattuale).

Cos’è il divieto di monetizzazione delle ferie?

Come visto il lavoratore non può rinunciare alle ferie e quindi non può chiedere, al posto di esse, una liquidazione in denaro di un extra. È ciò che si definisce divieto di monetizzazione delle ferie. Ciò vale però solo per le 4 settimane di ferie obbligatorie previste dalla legge. È invece possibile rinunciare e quindi monetizzare gli ulteriori periodi di ferie previsti dal contratto collettivo o individuale di lavoro. 

Dunque, con riferimento al periodo minimo di quattro settimane all’anno di ferie, vige infatti il divieto di retribuire eventuali periodi di ferie non fruiti. In un solo caso è possibile la monetizzazione delle ferie non godute per le 4 settimane all’anno: ne caso in cui intervenga la risoluzione del rapporto di lavoro nel corso dell’anno (per licenziamento o dimissioni).

Ne consegue che per i contratti a tempo determinato di durata inferiore all’anno è ammessa in ogni caso la monetizzazione delle ferie.

È altresì ammessa la monetizzazione per i lavoratori italiani inviati all’estero. In tale situazione, infatti, si può sovente verificare una complessiva rinegoziazione delle condizioni economiche e normative del rapporto di lavoro all’estero che determina una situazione assimilabile alla risoluzione del rapporto in quanto si viene ad instaurare un regime contrattuale nuovo che sembra legittimare la sostituzione delle ferie con la relativa indennità.

Cosa succede in caso di ferie non godute

Il mancato godimento del diritto alle ferie, sia per quanto riguarda le due settimane da fruire nell’anno di maturazione che delle due settimane da fruire entro i 18 mesi successivi consente al lavoratore di trascorre in tribunale il datore di lavoro per farlo condannare al risarcimento del danno biologico ed esistenziale oppure per pretenderne il godimento seppur tardivo.

Se il dipendente chiede il risarcimento deve dimostrare che il danno patito dipende proprio dalla mancata fruizione delle ferie.

Si perde il diritto al risarcimento se il datore di lavoro dimostra che le ferie non siano state godute, per decisione unilaterale del lavoratore che si sia rifiutato di utilizzarle, nonostante gli inviti ad usufruirne.

Cos’è e come funziona l’indennità sostitutiva delle ferie?

In caso di mancata fruizione delle ferie entro i termini previsti dalla legge, il lavoratore ha di fronte a sé la possibilità di scelta tra chiedere il pagamento dell’indennità sostitutiva (ferma restando l’applicabilità di sanzioni amministrative in capo al datore di lavoro) o fruire del periodo di ferie maturato e non goduto.

La mancata fruizione delle prime quattro settimane per le motivazioni eccezionali (particolari esigenze aziendali indifferibili) determina solo il diritto al godimento del periodo di ferie in un altro momento o, eccezionalmente, con la relativa indennità sostitutiva.

Ove le ferie fossero state in astratto fruibili, ma non lo sono state di fatto, il lavoratore ha comunque diritto all’indennità sostitutiva anche se il datore di lavoro non ha alcuna colpa in relazione alla mancata oggettiva fruizione delle ferie stesse.

Solo l’irragionevole rifiuto del lavoratore di accettare ogni soluzione offerta dal datore di lavoro, in grado di contemperare il suo diritto al non lavoro retribuito con le esigenze di funzionalità aziendale, è l’elemento estintivo delle pretese risarcitorie in senso specifico o per l’equivalente.

Cosa succede se il lavoro  cessa e le ferie non sono state godute?

Se il rapporto di lavoro cessa, indipendentemente dal fatto che ciò dipenda da licenziamento o dimissioni, è chiaro che le ferie arretrate non possono più essere fruite. Quindi tutte le ferie non godute devono essere tramutate in indennità sostitutiva.

La Cassazione ha precisato che la deroga al divieto di monetizzazione opera nei soli limiti delle ferie non godute relative al periodo ancora pendente al momento della risoluzione in questione, e non consente la monetizzazione di quelle riferibili agli anni antecedenti. 

Ferie per il lavoratore intermittente

Il lavoratore intermittente Ha diritto a fruire delle ferie in proporzione ai periodi di lavoro effettivamente prestati. Trattandosi sostanzialmente di un contratto di lavoro a tempo indeterminato di durata inferiore a un anno, è ammissibile la monetizzazione delle ferie non godute. Non è tuttavia ammissibile la scelta di programmare anticipatamente la mancata fruizione delle ferie attraverso il pagamento della relativa indennità, che, pertanto, andrà corrisposta al termine del rapporto di lavoro.

Prescrizione dell’indennità sostitutiva delle ferie

Sul termine di prescrizione dell’indennità sostitutiva per ferie non godute si riscontrano pareri discordanti:

- secondo l’INPS e parte della giurisprudenza, che riconoscono all’indennità natura retributiva, il termine è quinquennale;

- secondo un diverso orientamento giurisprudenziale, che le attribuisce natura risarcitoria, il termine è decennale. Secondo recenti pronunce che attribuiscono all’indennità sostitutiva una natura “mista” (risarcitoria e retributiva), ai fini della prescrizione prevale la natura risarcitoria dell’indennità e, quindi, il diritto si prescrive nel termine ordinario decennale.

Fonte: La Legge per Tutti