Il datore di lavoro non può mai prendere visione del contenuto delle e-mail aziendali rilasciate ai propri dipendenti neanche per difendersi in Tribunale
Veniamo a conoscenza, sempre di più negli ultimissimi anni, delle delibere rilasciate dal “Garante per la Protezione dei Dati Personali”.
E’ quanto accaduto di recente il 15 marzo 2023 con la Newsletter n° 501 del Garante per la Privacy il quale ha chiarito che il legittimo interesse a trattare i dati personali per difendere un proprio diritto in giudizio non annulla il diritto dei dipendenti, e dei lavoratori in generale, alla protezione dei dati personali.
Dunque, con tale provvedimento si stabilisce che una qualsiasi impresa non può difendersi dinanzi un Tribunale producendo come prove documentali atti derivanti dalla corrispondenza delle e-mail aziendali dei propri lavoratori in quanto la segretezza anche dei messaggi di posta elettronica è tutelata dalla Costituzione Italiana.
In estrema sintesi, il datore di lavoro non può trattare i dati personali relativi alle caselle e-mail attivate ai propri dipendenti per difendersi davanti ad un Giudice.
La vicenda legale, poi sfociata in una causa legale in Tribunale, vedeva una cooperativa che interrompe il rapporto di collaborazione con un proprio socio che nel frattempo aveva raccolto, durante la partecipazione ad una fiera, i contatti di potenziali clienti della cooperativa medesima per il tramite di una casella di posta elettronica ordinaria aperta per l’occasione.
Interrotto il rapporto di lavoro tra il socio e la cooperativa l’azienda mantiene ancora attiva la casella e-mail in questione prendendo visione del contenuto di ogni singolo messaggio e impostando, infine, l’inoltro dei messaggi in arrivo verso la e-mail di un dipendente della cooperativa.
Dunque, i legali rappresentanti e i dirigenti della cooperativa in questione, dopo la lettura delle diverse e-mail, contattano ogni singolo potenziale cliente incontrati in tale fiera per spiegare che il rapporto di lavoro con il loro rappresentante in fiera era cessato e che, per forza di cose, dovevamo rivolgersi a loro.
Tra l’altro, è emerso anche la circostanza che la cooperativa non aveva fornito a suo tempo all’ex socio l’informativa sul trattamento dei dati personali e né tantomeno il riscontro alla richiesta di cancellazione della e-mail.
Da qui parte il contenzioso avviato dall’ex socio della cooperativa che si rifaceva chiaramente alla normativa sulla privacy per dimostrare che è stata violata la segretezza della propria corrispondenza aziendale.
In virtù di tutto questo il “Garante per la Protezione dei Dati Personali” chiarisce che, né l’esigenza di mantenere i rapporti con i clienti e né l’interesse a difendere un proprio diritto in giudizio, legittimano un tale trattamento di dati personali da parte del datore di lavoro.
Infine, il Garante precisa che sarebbe bastato, per non incorrere in nessuna sanzione civile e penale, attivare già dal principio per quella casella e-mail dell’ex socio un sistema automatico di risposta in cui prevedere l’inserimento di uno o più caselle e-mail alternative della cooperativa in maniera tale che evitare di visionare i messaggi pervenuti nella casella di posta oggetto del contenzioso.