Il lavoratore in procinto di essere licenziato per “Giustificato Motivo Oggettivo” ha il diritto di essere “ripescato” anche in relazione alle posizioni lavorative che si renderanno disponibili nell’imminente periodo

L’onere della prova per un datore di lavoro che ha intimato il licenziamento di uno o più dipendenti per “Giustificato Motivo Oggettivo” aumenta in quanto dovrà anche dimostrare che non esistono nell’immediato ulteriori posizioni lavorative le quali necessitano di essere occupate.

È quanto è stato stabilito dalla Corte di Cassazione con la Sentenza numero 12132 dell’8 maggio 2023 la quale, appunto, ha introdotto una ulteriore estensione dell’obbligo di “repêchage” - ossia l’obbligo del ripescaggio - di un dipendente prossimo al licenziamento per motivi legati all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa come sancito dall’articolo 3 della Legge n° 606 del 1966.

Come sappiamo, è già acquisito da tutti noi che se un datore di lavoro intende licenziare per “Giustificato Motivo Oggettivo” ha poi l’obbligo di offrire una diversa collocazione di lavoro, salvo nel caso di rinuncia da parte del prestatore di lavoro, seppure questa risulti essere con mansioni inferiori o con un orario ridotto poiché il licenziamento deve sempre rappresentare - come stabilito dalla Cassazione numero 6057 dell’11 maggio del 2000 - la extrema ratio.

Dunque, nel caso specifico il datore di lavoro nell’individuare le imminenti ulteriori posizioni lavorative, in cui collocare il lavoratore intimato al licenziamento, dovrà prendere in considerazione anche quei posti di lavoro ancora al momento occupati i quali, però, si renderanno disponibili nell’imminente periodo.

Nel caso trattato dalla Sentenza in questione, il datore di lavoro non aveva tenuto conto delle dimissioni presentate da alcuni dipendenti, tra l’altro collocati anche in posizioni con mansioni molto simili, il cui termine di preavviso era destinato a concludersi in un arco di tempo brevissimo e, per concludere, tali posti vacanti avevano anche la necessità urgente di essere occupati.

Pertanto, il datore di lavoro in questione è stato condannato dalla Corte di Cassazione in quanto non ha rispettato a pieno l’obbligo di “repêchage” in cui vi rientrava anche l’obbligo di collocare il lavoratore intimato in una delle due “imminenti” posizioni lavorative che si erano liberate e le quali avevano anche la necessità di essere occupate nel più breve tempo possibile.

Diversamente, se non ci fossero state delle disponibilità “imminenti” di posizioni lavorative il prestatore di lavoro non avrebbe potuto appellarsi alla Giustizia perché doveva per forza di cose accettare il licenziamento così come formulato in base all’accertato, e quindi verificato, “Giustificato Motivo Oggettivo”.