Impiegato pubblico licenziato per avere commesso ripetutamente uno stesso errore grave in diverse pratiche

Il datore di lavoro “pubblico” ha potuto licenziare un proprio impiegato (un dipendente pubblico addetto da tantissimo tempo a svolgere sempre le incombenze in questione) con la modalità del giustificato motivo oggettivo in quanto si è provato che sono state commesse ben 44 irregolarità rilevate nei controlli a campione disposti dai superiori.

Questo è stato stabilito dalla Ordinanza n° 5614/2023 emessa dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione.

La decisione presa scaturisce dalle dimensioni delle reiterate irregolarità che, dunque, fanno venire meno la fiducia nei confronti del datore di lavoro che così ha potuto applicare la massima sanzione disciplinare possibile e, vale a dire, l’estromissione del lavoratore ai sensi dell’ex art. 3 della Legge 604/1966.

Ancora, la Corte di Cassazione incentra la propria decisione mettendo in risalto che tutte le 44 pratiche “incriminate” sono attinenti alla violazione dello stesso istituto normativo e che risultano, analizzando tutti i controlli causali disposti da una circolare interna all’ente pubblico in questione, tutte protratte nel tempo.

Nulla è servito alla difesa del dipendente pubblico dedurre la mancata tempestività della contestazione entro i 30 giorni perché, nel caso in questione, la rilevanza dell’inadempimento prodotto dal prestatore di lavoro è tutta contenuta nella reiterazione delle irregolarità le quali, per essere individuate, presuppone un accertamento approfondito che non può, dunque, essere effettuato in soli 30 giorni come richiesto dal legale del dipendente pubblico.

Qualora, invece, la Pubblica Amministrazione in questione avesse ricevuto una notizia d’infrazione “non generica” che, quindi, consentiva di avviare immediatamente il procedimento disciplinare allora in questo caso si sarebbe dovuto, perentoriamente, entro i 30 giorni comunicare al lavoratore la relativa contestazione.