Quando il controllo del PC aziendale e quando le parole offensive riportate nella chat aziendale rendono effettivi i licenziamenti per giusta causa
La Corte di Cassazione, con le due Sentenze n. 25731 e n. 25732 del 22 settembre 2021 e tenendo conto dell’art. 4 della Legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), ha chiarito i diversi aspetti del licenziamento che si ritiene valido per effetto di un danno accertato dal datore di lavoro mediante il controllo del PC fornito in dotazione ad un proprio dipendente e del licenziamento dovuto a parole offensive riportate nella chat aziendale.
Nello specifico all’art. 4, secondo comma, dello Statuto dei Lavoratori si stabilisce che per gli strumenti diversi dagli impianti audiovisivi e similari, e ossia ad esempio gli strumenti di registrazione delle presenze e degli accessi nei luoghi di lavoro e il Personal Computer, non è necessario l’Accordo Sindacale con la R.S.A. (Rappresentanza Sindacale Aziendale) e né tantomeno l’autorizzazione da ottenere dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro, mentre, è indispensabile soltanto aver consegnato ai dipendenti interessati unicamente un’apposita e, allo stesso tempo, adeguata “informativa sulla privacy”.
In tale “informativa sulla privacy” si dovrà specificare le modalità di uso di tali strumenti consegnati che i dipendenti dovranno rispettare e anche le modalità con cui il datore di lavoro effettuerà i controlli.
Ritornando alla seconda Sentenza della Corte di Cassazione prima menzionata e, quindi, andando nel merito della vicenda processuale del caso specifico, si è stabilito che il datore di lavoro non può effettuare il controllo sul PC aziendale per il periodo antecedente al momento in cui si è avuto il “fondato” sospetto del comportamento illecito tenuto dal dipendente, anche se è stato accertato il danno causato al patrimonio aziendale per effetto dello scaricamento del file contenente un virus.
Si è deciso - precisiamo soltanto per il caso specifico trattato nella seconda Sentenza prima illustrata - in questa maniera in quanto è opportuno bilanciare la difesa del patrimonio aziendale con la tutela della dignità personale del dipendente concedendo, però, al datore di lavoro di poter svolgere i controlli “a posteriore” e vale a dire dopo il verificarsi del danno subito.
Invece, qualora il datore consegni contestualmente al PC aziendale un’adeguata e apposita “informativa sulla privacy” il discorso cambia ed, infatti, in questo caso potrà richiedere il risarcimento del danno subito al lavoratore assunto oltre a poter effettuare il licenziamento per giusta causa in quanto il prestatore di lavoro ha tenuto un comportamento improvvido.
Leggendo anche la prima Sentenza sopra indicata si è stabilito che il datore di lavoro - il quale non ha in precedenza comunicato ai lavoratori un’apposita e adeguata “informativa sulla privacy” per la chat aziendale - non potrà licenziare per giusta causa il dipendente nonostante abbia offeso colleghi e superiori.