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Dimissioni per fatti concludenti

2025-02-28 21:34

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Dimissioni per fatti concludenti

Dal 12 gennaio 2025 le dimissioni per fatti concludenti sono nuovamente disciplinate nel nostro Ordinamento e si accompagnano a quelle per le quali l’art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015 e il successivo Decreto applicativo(7) prevedono la procedura telematica, la quale ultima può non essere seguita in alcune specifiche ipotesi come, ad esempio, per i lavoratori in congedo di maternità o paternità fino ad un anno dalla nascita del bambino, per coloro che si dimettono entro i tre anni dalla nascita (entrambe le procedure, con effetti diversi, si svolgono avanti ad un funzionario del l’Ispettorato Territoriale del Lavoro), e per le di missioni o le risoluzioni consensuali avvenute ex art. 7 della legge n. 604/1966.


La Corte di Cassazione nel 2023 con sentenza n. 27331(8) aveva ritenuto, superando alcune decisioni della Magistratura di merito(9) che l’unica strada percorribile per proporre le proprie dimissioni fosse soltanto quella definita ex art. 26, comma 7, del D.Lgs. n. 151/2015.


La modifica apportata dall’art. 19 della legge n. 203/2024 è stata, negli anni, fortemente voluta dai professionisti che assistono le aziende in quanto la disposizione consentiva al lavoratore di allontanarsi dal lavoro senza seguire la specifica procedura confidando che il datore, per risolvere il rapporto, procedesse con un licenziamento disciplinare con il conseguente pagamento del con tributo di ingresso alla NASpI, necessario per il lavoratore che intendesse fruire della indennità di disoccupazione e dell’indennità di preavviso, laddove espressamente prevista dal Ccnl.


Ma, come si è giunti alla modifica normativa? È stato introdotto nel corpus dell’art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015 un nuovo comma, il7-bis, il quale dispone che in caso di assenza ingiustificata protratta oltre i termini previsti dal Ccnl o, in mancanza di previsione contrattuale, per un periodo superiore a 15 giorni, il rapporto si intende risolto per volontà del dipendente e senza attivazione della procedura telematica: non occorre attendere l’eventuale verifica dell’Itl.


Di ciò deve darne comunicazione all’Ispettorato Territoriale del Lavoro che ha la facoltà (non l’obbligo) di fare accertamenti. La risoluzione del rapporto non avviene se il lavoratore dimostra l’impossibilità di comunicare l’assenza per causa di forza maggiore o per fatto ascrivibile al datore di lavoro: in quest’ultimo caso, l’onere della prova ricade sul lavoratore (10).


Alcune criticità vanno, necessariamente, esami nate. Prima di procedere alla comunicazione di “di missioni per fatti concludenti” il datore deve verificare quanti sono i giorni di assenza ingiustificata che sono previsti nel Ccnl i quali non sono uguali in tutti i settori (ad es., il Ccnl Metalmeccanici del settore industria parla di assenza protratta per oltre quattro giorni da intendersi come lavorativi).


Se, per ipotesi, la contrattazione collettiva non dovesse precisare nulla occorrerà attendere almeno 16 giorni. Il datore di lavoro non ha alcun obbligo di comunicare all’ex dipendente all’ultimo indirizzo conosciuto l’avvenuta risoluzione del rapporto per dimissioni dovute a fatti concludenti. L’unico suo obbligo consiste nella informativa all’Itl con l’indicazione del nominativo, della residenza conosciuta e di even tuali altri recapiti del lavoratore a conoscenza dell’azienda.


La seconda criticità riguarda il ruolo dell’Ispettorato del Lavoro.


L’Inl con nota n. 9740 del 30 dicembre 2024 ha fornito le prime indicazioni alle proprie arti colazioni periferiche. Si tratta di indicazioni puramente descrittive e ripetitive delle nuove norme e sul punto di competenza si riserva di «fornire indicazioni dettagliate riferite alla attività degli Ispettorati Territoriali del Lavoro, i quali possono verificare la veridicità della comunica zione effettuata dai datori di lavoro concernente l’assenza ingiustificata del lavoratore». In attesa di una eventuale procedura telematica, si ritiene che, nelle more, la comunicazione all’Itl possa essere effettuata con Pec o con lettera raccomandata.


Sicuramente l’Inl fornirà precise indicazioni ma mi chiedo: cosa farà, se riterrà di intervenire?


L’ispettore dovrà cercare il lavoratore per accertarsi che le dimissioni, non effettuate con la usuale procedura, siano avvenute volontariamente?


E, se dovesse venire a conoscenza che il lavoratore è rimasto a casa perché il datore, titolare di una piccolissima realtà, gli ha detto di non presentarsi più in azienda, quale potere ha per ricostituire il rapporto? La disposizione legislativa ha previsto per gli ispettori del lavoro una facoltà di intervento ma non ha concesso poteri ulteriori.


Di conseguenza, il funzionario potrà consigliare di impugnare il licenziamento orale (se di questo si tratta), di effettuare un tentativo di conciliazione, di sporgere denuncia presso l’Itl e, magari, di tentare, in quella sede, un tentativo di conciliazione.


Quali sono le conseguenze delle dimissioni per fatti concludenti? Il datore non pagherà più il ticket di ingresso alla NASpI che, con i valori attuali, per una anzianità aziendale di almeno tre anni, va oltre i 1.900 euro, e potrà trattenere, all’atto della erogazione delle competenze di fine rapporto, l’indennità di mancato preavviso se, appunto, non dovesse risultare lavorato.


Il lavoratore, essendo dimissionario e non licenziato non potrà fruire del trattamento di NASpI. Per completezza di informazione, si ricorda, inoltre, che l’art. 1, comma 171, della legge n. 207/2024 è intervenuto ulteriormente sui requisiti necessari per la fruizione della NASpI con l’inserimento della nuova lett. c-bis) nell’art. 3, com ma 1, del D.Lgs. n. 22/2015, che in caso di reimpiego di un lavoratore dimissionario per fatti concludenti con successivo licenziamento il re quisito delle tredici settimane di versamenti contributivi, necessario per la richiesta della indennità di disoccupazione, deve essere maturato durante il nuovo rapporto di lavoro, a differenza della regola generale ove si fa riferimento al quadriennio precedente la richiesta di NASpI.


Si è voluto, con tale norma, punire chi, dopo le dimissioni per fatti concludenti (che non portano alla fruizione del trattamento), viene assunto da un datore di lavoro “compiacente” e licenziato pochi giorni dopo.


È fuori dubbio che il comportamento elusivo del le regole sulle dimissioni debba essere combattuto ma con tale disposizione si va a colpire anche chi, dopo le dimissioni per fatti concludenti, è stato semplicemente sfortunato nella nuova occa sione di lavoro tanto da essere licenziato nei primi tre mesi di contratto.


Fonte: stralcio dagli "Approfondimenti" di Eufranio Massi pubblicati nella rivista Diritto & Pratica del Lavoro 3/2025



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